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Matteo Bellelli,
una decade
di pure emozioni 

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Era il 20 giugno del 2015. Una di quelle giornate dove il cielo sembra promettere pioggia ma poi si apre in un sole splendente, giusto il mix perfetto per prendere la decisione più scellerata della mia vita con tutta la convinzione del mondo: sposare un meccatronico.​

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Ma non uno qualsiasi: il modello Bellelli, classe “Matteo”. Perché proprio quello, dite? Ve lo spiegherò in questa recensione. Dopo un decennio di utilizzo, infatti, mi ritengo finalmente pronta per scrivere una valutazione degna di questo nome sulle sue incredibili prestazioni.

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Innanzitutto, Matteo Bellelli è un modello decisamente unico: non ne troverete un altro simile in tutto il globo terracqueo. Le sue caratteristiche principali sono: scaltrezza, ingegno e intelligenza, ma nello specifico il modello da me acquistato ha dei polpacci da sbavo, che ogni volta che li guardo mi si sfrigolano le ovaie.

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Classe 1988, forgiato probabilmente nei silenzi di una officina celestiale, Matteo è il genere d’uomo che non alza mai la voce, ma quando parla pesa ogni sillaba come un meccanico di precisione controlla le tolleranze di un V12 inglese del '69. Silenzioso come una cinghia dentata ben tesa, eppure stabile come un motore boxer: non lo smuovi, nemmeno con la leva del dubbio.

La sua struttura è solida, niente fronzoli: telaio monoscocca d’anima, rivestito di silenzi pensierosi e battute sottili che, quando arrivano, hanno il potere esplosivo di un turbo piazzato nel punto esatto. A occhio nudo sembra un uomo tutto d’un pezzo — e lo è — ma sotto il cofano c’è un cuore capace di scaldare un inverno intero, anche se non lo direbbe mai.


Matteo raramente manifesta le sue emozioni, eppure, in quelle rare volte in cui si lascia andare, scopri che dentro la corazza di acciaio c’è un motore che gira pulito, a benzina di sentimenti veri.
Un’antica leggenda racconta che, una volta, ha persino pianto.

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Come quasi tutti gli ingegneri della sua specie, anche lui va alimentato a birra scura e carne di maiale. In realtà però il suo piatto preferito sembra essere una cosa chiamata pasta col “verde” (il cui vero nome sarebbe “pesto alla genovese”, ma non diteglielo).

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Immerso nell’acqua, che sia il mare Adriatico, il lago di Molveno o un antico cenote, Bellelli diventa una sirena virile. E nella versione 1.0 con i capelli lunghi, sfiorava l’illegalità estetica.

Batman con la brugola


Dimenticatevi i principi azzurri con la voce da TikToker e le rose in mano. Matteo è tipo Batman, ma senza il trauma infantile: silenzioso, misterioso, sempre in allerta, e soprattutto serio. È il tipo di uomo che salva la situazione con un colpo di chiave inglese della Parkside e poi se ne va borbottando qualcosa tipo “era ovvio”.


L'unica cosa che lo fa ridere davvero tanto è vedere video di gente che si frantuma la clavicola cadendo da una scala con il trapano in mano. Ecco, questo suo lato cinico non lo capirò mai.

Ma quando lo guardo aggiustare per la centocinquantesima volta lo sciacquone del water, con quegli occhi color miele e la peluria da felino mansueto sul petto, mi viene voglia di fare le fusa. Poi mi passa, eh… ma nel frattempo ho già tirato fuori dal cassetto le mutande di Deadpool.

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Vi sfido a trovare un altro ingegnere che sembra Russel Crowe e smonta la lavatrice senza guardare il libretto.

La cosa più sorprendente di questo modello di marito è la sua capacità di tirarvi fuori dai guai. Negli ultimi dieci anni, Matteo ha salvato più situazioni di un carrista dei Vigili del Fuoco. Vi siete perse in un aeroporto spagnolo con il nome di un condizionatore della Daikin e non sapete ritrovare la strada per ricongiungervi al vostro gruppo? Lui accorrerà a salvarvi. Siete rimaste in panne in mezzo alla strada perché si è accesa una spia rossa a forma di nido di ciurlo? Ecco che arriva il vostro eroe a risolvere la situazione. Non sapete cosa fare per cena e sono già le 8 e un quarto di sera? Tra un brontolio e l'altro, eccolo pronto a spadellare fagioli con lo sguardo da Clint Eastwood in mezzo alla tempesta. Insomma, potete sempre contare sulle sue incredibili capacità di problem-solving.


E poi ci sono i LEGO. Mamma mia, i LEGO. Gli si spegne il cervello quando ne vede uno. Può stare fermo 45 minuti a fissare lo schermo del PC mentre valuta un Technic da 280 euro in offerta su Subito, e per farlo ripartire gli devi staccare e riattaccare l’alimentazione emotiva.
Ama i Lego con la stessa dedizione con cui certi costruttori amano il carbonio: ogni mattoncino ha il suo posto, ogni costruzione la sua logica. Osservarlo mentre monta un set da 600 pezzi è come assistere al restauro di una Lancia Delta Integrale da rally: pura liturgia. Eppure, tra un cambio sequenziale fittizio e un giunto cardanico che non mi ricordo più cosa diamine sia, Matteo costruisce anche pazienza, ascolto, e un amore che non cede al tempo né al logorio delle giornate storte.

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Batteria


La batteria di Matteo non si scarica mai. Non si ricarica neanche. Si suona, punto. E quando impugna le bacchette, Matteo si trasforma. Il suo sguardo si fa concentrato, le spalle si rilassano e le mani cominciano a muoversi con quella precisione da ingegnere che però, in qualche modo, riesce ad avere anche l'anima del musicista. Non è uno che fa scena, non è da assolo esibizionista o da virtuosismi vuoti: lui tiene il tempo. Lo costruisce, lo sostiene, lo scolpisce con ogni colpo sul rullante, come se battesse il cuore di tutta la band. È quel tipo di batterista che non noti finché non smette di suonare — e allora ti accorgi che senza di lui manca il respiro, manca la spinta, manca tutto. E quando sale sulla postazione da fonico, con quei suoi guanti da motociclista e l’aria da tecnico della NASA, ti chiedi come faccia una persona sola a tenere insieme così tanta potenza, orecchio per la musica e precisione, senza mai perdere un colpo.

 

Restando in tema di “sound”, vi svelo un segreto: Matteo ha un superpotere (un altro?! Sì, un altro). Riconosce i doppiatori nei film al primo colpo. Tipo che tu stai lì a guardare un thriller con la bocca aperta e lui, tranquillo, se ne esce con un “Questo è Tonino Accolla, ma più giovane”. Ha un orecchio da enciclopedia vivente del doppiaggio italiano, come se avesse un Dolby Surround installato nel cervello. Altro che Shazam.

Carrellata di alcune (ma non tutte) versioni del modello Bellelli. Molte di queste, purtroppo, sono edizioni limitate, non più in commercio. Io, però, ho avuto la fortuna di provarle tutte (e qui mi scappa un "tiè!")

La passione per i motori non è mai andata in pensione. Possiede una Honda MSX 125 che usa come terapia e dichiarazione d’identità. Sfreccia veloce ma prudente, solo con il sole e solo se l’asfalto è secco. Sulla fiancata spadroneggia la patacca di RollingSteel, ovviamente, perché il ragazzo ha buon gusto e soprattutto una brava moglie. Il suo sogno? Un’Alfa Romeo. Ma per ora si accontenta di guardarle con l’amore con cui si guardano le moto d’epoca dietro una vetrina.​

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Matteo in compagnia di un piccolo bellissimo bolide scatenato e di una Honda MSX 125, anche quella niente male.

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Non pensate che Matteo Bellelli non abbia difetti di fabbricazione, anche se così potrebbe sembrare. Collaudandolo per 10 anni, qualcuno l'ho trovato (ma oh, nessuno è perfetto: pure le Ferrari si scaldano d’estate).

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  • La cipolla: non sa NON usarla. È una specie di dipendenza, tipo WD-40 sulle serrature.

  • Durante la ricarica notturna emette un ronzio basso, tipo condensatore in attesa. Fastidioso ma (quasi) sopportabile.

  • Compatibilità con suocere eccessivamente meticolose: 25%, migliorabile con aggiornamenti firmware o sedativi ambientali. Diciamo che serve un po’ di manutenzione diplomatica ogni tot chilometri.

  • A volte gli si incricca la schiena, ma si resetta da solo nel giro di 48-72 ore.

  • Il modello che ho acquistato all'inizio aveva un piccolo difetto legato alla vista (che però a me sinceramente non dispiaceva), ma con l'ultimo upgrade del 2024 è stato risolto (anche se non completamente: questo bisogna segnalarlo alla casa costruttrice!).

  • Infine ha un airbag frontale importante… però, diciamocelo, il paraurti posteriore è una poesia. E i polpacci? Vi ho già parlato dei polpacci?

 

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Modalità papà

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Sì, ho fatto dei figli con lui. Due, per la precisione. E sapete qual è la cosa più sorprendente?

Che il Matteo-papà è paziente, presente, risoluto, ma soprattutto… sa sopportare me. E diciamocelo, questa è la vera impresa titanica. Altro che cambiare i pannolini alle 3 di notte.

In un mondo dove i padri fuggono davanti a un rigurgito, il mio si infila i guanti da fonico, sistema i decibel della vita e mette a dormire tutti, anche le mie ansie.

 

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Conclusione? Non c’è.

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Non si può concludere qualcosa che, nonostante tutto, non smette di evolversi. Dopo dieci lunghi anni, il Bellelli è ancora lì. Funziona, inciampa, migliora, impara, ama. E ogni tanto sorride, ma solo se lo guardi di nascosto.

Matteo Bellelli non è solo un marito: è un mezzo raro, a tiratura limitata, perfettamente assemblato e straordinariamente funzionante.

Se vi sembra troppo perfetto per essere vero, è solo perché lo è davvero.
E io ho avuto l’incredibile fortuna di sposarlo.

 

Buon diecianniversario, dolce amore mio.

Articolo del 6 Giugno 2025 / a cura di La Direttora

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Predecente: Non ti sei accorto che ho scritto "predecente"

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20 Giugno 2025 alle 12:48

Lavi_91
 

Ho provato anch'io questo modello, ma la versione di vent'anni fa, quella senza airbag e coi capelli lunghi. Concordo con tutto, però non l'ho trovato compatibile
con le mie esigenze. Chissà, forse se lo riprovassi ora cambierei idea...

 

Rispondi

20 Giugno 2025 alle 14:25

Motorlover
 

Ma in questo sito non si dovrebbe parlare di motori?! Che *%&#ata è questa!!??
 

Rispondi

20 Giugno 2025 alle 15:00

Aurea
 

No vabbè ditemi dove si compra, ne prendo dieci
 

Rispondi

20 Giugno 2025 alle 16:01

Pun_ti_glio_so
 

Tutto giusto, concordo, ma non sono sicuro che la patacca di Rolling Steel sia sulla "fiancata" della moto, non credo sia il termine corretto: vi prego di rivedere quella frase.
 

Rispondi

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